3 TRA TENDOPOLI E CASERME SONO DIVENTATE DEI CIE-tratto da TERRA NEW di DINA GALANO

Dina Galano

MIGRANTI. Da giovedì scorso, 3 tra tendopoli ed ex caserme sono diventate dei Cie. Allungheranno i tempi di reclusione dei tunisini, prima del rimpatrio. Ma provvisoriamente, fino a dicembre 2011.

«Un Cie in ogni regione», ripete da inizio mandato il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Ora, senza che si sia provveduto a erigere nuove strutture, di centri per l’identificazione ed espulsione ne sono sorti tre: uno nella contrada trapanese di Kinisia, un secondo a Palazzo San Gervasio in provincia di Potenza, l’ultimo a Santa Maria Capua Vetere (Ce). La confusa accoglienza sul territorio ha rispolverato vecchie caserme e fatto spuntare tendopoli che, dalla serata di giovedì scorso, per ordinanza della Protezione civile controfirmata dalla Presidenza del Consiglio, sono diventati Centri per l’identificazione, il trattenimento fino a sei mesi e, infine, l’espulsione verso il Paese d’origine degli immigrati.
 
Per l’eccezionalità del provvedimento, inoltre, i tre Centri (che peraltro interessano regioni dove un Cie è già presente) avranno durata limitata al 31 dicembre 2011. Evidentemente il tempo valutato necessario dal governo per sfoltire gli arrivi e che impegnerà risorse per sei milioni di euro, che è la somma stanziata nell’ordinanza n. 3935 per sicurezza e controllo delle tre nuove aree.
 
Per la tendopoli di Kinisia, faticosamente sgomberata dopo il sovraffollamento dei mesi passati, è l’ultima beffa. La decisione di trasformare l’accampamento in struttura di identificazione e detenzione per il sindaco di Trapani, Girolamo Fazio, è «illogica e inidonea e mi lascia senza parole». Kinisia può sopportare il carico di «una permanenza di tre, quattro giorni, ma un trattenimento di sei mesi necessita di una struttura adeguata. A prescindere dal fatto  – spiega il primo cittadino – che non è possibile affidare una gestione particolare dell’immigrazione a una comunità così piccola e su un territorio dove già insiste un C.a.r.a. (Centro per i richiedenti asilo e rifugiati, ndr) che vive una situazione molto complessa di coesistenza, dove si verificano risse ogni sera».
 
In provincia di Potenza, inoltre, l’annuncio della creazione del Cie ha prodotto un effetto domino sul centro di accoglienza che già ospitava molti immigrati, soprattutto stagionali. Ieri, il Comune di Palazzo San Gervasio, che attualmente dà ospitalità a cinquencento nordafricani arrivati a Lampedusa, ha deciso di chiudere l’altra struttura ultradecennale, con «un atto di forza» dell’amministrazione segnalato dall’agenzia Redattoresociale.
 
Ma i disagi maggiori continuano a registrarsi in provincia di Caserta, dove duecento tunisini sono sistemati nella tendopoli improvvisata all’interno dell’ex caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere. Nonostante i muri alti e l’aspetto militarizzato della struttura, chi finisce all’Andolfato tenta di scappare: ieri ci sono riusciti in venti, altri nella caduta hanno riportatola frattura delle gambe. «Il giudice di pace sta firmando le convalide di trattenimento», racconta Gianpaolo del centro sociale ex Canapificio che sta offrendo assistenza ai tunisini ristretti. I ragazzi tunisini, tra cui un minore accompagnato, «hanno una gran paura di essere rimpatriati», riferisce il volontario, e «questo spiega la forte tensione all’interno». Ma tutti hanno avanzato richiesta di protezione internazionale o temporanea che, nelle more, garantisce perlomeno il fermo sul suolo italiano. 

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