INTEROGAZIONE AL MINISTRO DELL’INTERNO dei Deputati del PD

VILLECCO CALIPARI, MARAN, AMICI, GIACHETTI, QUARTIANI, TOUADI, MARGIOTTA, LIVIA TURCO e LUONGO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la trasformazione in centri di identificazione ed espulsione dei centri di accoglienza per richiedenti asilo (cara), creati per gestire «l'emergenza profughi» successiva agli sconvolgimenti del bacino del Mediterraneo, è diventata operativa con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della relativa ordinanza emanata dal Ministero dell'interno;
   tra questi il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, è stato dichiarato formalmente centro di identificazione ed espulsione (cie), almeno fino al 31 dicembre 2011;
   il centro, che era stato allestito e gestito dalla Croce rossa, ospitava circa 600 tunisini dai 18 ai 35 anni, la maggior parte dei quali, arrivati in Italia prima del 5 aprile 2011, ha ottenuto il permesso di soggiorno temporaneo ed è stata accompagnata alle stazioni ferroviarie di Melfi, Potenza o Foggia;
   allo stato sono circa 56 le persone rimaste in quello che è stato trasformato repentinamente in un centro di identificazione ed espulsione: la struttura, costruita e allestita in fretta e furia, scavalcando tutte le normative edilizie e di sicurezza, è stata, nei fatti, trasformata da campo di accoglienza a luogo di reclusione, con conseguente e pressoché immediato allontanamento di stampa e televisioni;
   in seguito, a stretto giro di posta, anche la Croce rossa è stata fatta uscire dalla struttura;
   il centro di identificazione ed espulsione è gestito interamente dalle forze dell'ordine e da una società privata, la Connecting people, un consorzio d'imprese con sede a Trapani che gestisce per conto del Ministero dell'interno praticamente tutti i centri di identificazione ed espulsione presenti sul territorio nazionale;
   le condizioni in cui sono costretti a vivere i reclusi nel centro di identificazione ed espulsione di Palazzo San Gervasio sono assolutamente inumane, anche considerata la totale inadeguatezza della struttura, che non è dotata di servizi igienici adeguati all'accoglienza di centinaia di persone, né delle minime condizioni necessarie alla vivibilità del centro: non si sa, inoltre, se all'interno sia assicurato un presidio medico permanente, il cibo sembra sia scarso e il vestiario è stato donato interamente dalla raccolta indumenti a cui hanno contribuito la popolazione e la Caritas;
   non si ha, inoltre, alcuna assicurazione che i tunisini siano stati informati in merito alla possibilità di fare comunque richiesta di asilo politico e, intorno al campo, che era circondato da una blanda recinzione in ferro, è stato costruito un muro in cemento armato alto alcuni metri;
   nessuna associazione ha ancora potuto avere accesso al nuovo centro di identificazione ed espulsione, neppure l'Alto commissariato Onu per i rifugiati, né i migranti hanno potuto avere colloqui con avvocati di fiducia, poiché i legali che possono avere accesso al centro di identificazione ed espulsione vengono «filtrati» dal giudice di pace competente che ha assegnato solo ed esclusivamente avvocati d'ufficio;
   dal 1o aprile 2011 una circolare firmata dal Ministro interrogato (protocollo n. 1305 del 1o aprile 2011), indirizzata ai prefetti, ha previsto che «in considerazione del massiccio afflusso di immigrati provenienti dal Nord Africa e al fine di non intralciare le attività loro rivolte, l'accesso alle strutture presenti su tutto il territorio nazionale, di cui alla circolare n. 1305 del 24 aprile 2007, è consentito, fino a nuova disposizione, esclusivamente alle seguenti organizzazioni: Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), Croce rossa italiana (Cri), Amnesty international, Medici senza frontiere, Save the children, Caritas, nonché a tutte le associazioni che hanno in corso con il Ministero dell'interno progetti in fase di realizzazione nelle strutture di accoglienza, finanziati con fondi nazionali ed europei», introducendo, ad avviso degli interroganti proditoriamente, un meccanismo ad excludendum, che non consente l'accesso alla stampa nei centri di identificazione ed espulsione e nei centri di accoglienza per richiedenti asilo politico, e mettendo in atto, tra l'altro, una gravissima riduzione dei diritti d'informazione e una violazione del principio costituzionale della libertà di stampa, di cui all'articolo 21 della Costituzione;
   i migranti «ospitati» nella struttura di Palazzo San Gervasio, ad avviso degli interroganti, sono, a tutti gli effetti, dei reclusi e, allo scadere della loro detenzione nel centro di identificazione ed espulsione, verranno rimpatriati, in quanto, a causa del loro arrivo successivo alla data del 5 aprile 2011, non potranno neanche usufruire dei permessi di soggiorno temporanei, con una grave violazione del principio di uguaglianza;
   la Corte di giustizia europea, con una sentenza del 28 aprile 2011, «Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia – direttiva 2008/115/CE – Rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – articoli 15 e 16 – Normativa nazionale che prevede la reclusione per i cittadini di Paesi terzi in soggiorno irregolare in caso di inottemperanza all'ordine di lasciare il territorio di uno Stato membro», ha stabilito che l'Italia non può punire con la reclusione gli immigrati irregolari che non rispettino l'ordine di abbandonare il Paese;
   secondo i giudici europei la detenzione dei cittadini irregolari rischia di compromettere la politica europea in materia di allontanamento e di rimpatrio per quanto riguarda il rispetto dei diritti fondamentali;
   la scelta di aprire i tre nuovi centri di identificazione ed espulsione, tra l'altro, si scontra con i numeri dell'immigrazione che il Commissario agli affari interni dell'Unione europea, Cecilia Malmstrom, ha esposto nel corso della presentazione del piano per una politica comune europea in materia di immigrazione: a fronte delle 650mila persone fuggite dalla Libia, soltanto 25mila sono arrivate in Italia. «La temporanea reintroduzione di controlli limitati dei confini interni», ha spiegato la Commissaria in riferimento alla tanto discussa «area Schengen», è possibile «in circostanze particolarmente eccezionali» e un'eventuale decisione – che di fatto rappresenterebbe una sospensione temporanea degli accordi di Schengen – per Bruxelles dovrebbe essere presa in considerazione come «ultima risorsa» e decisa «a livello europeo» –:
   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti, non ritenga di dover procedere all'immediata chiusura di quello che è diventato il centro di identificazione ed espulsione di Palazzo San Gervasio, interrompendo immediatamente i lavori per il suo ampliamento, che sono già iniziati. (3-01720)
(28 giugno 2011) 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.