Pubblichiamo da Pacereport…. Lampedusa, in fiamme l’indifferenza

20/09/2011

Scontri tra migranti, polizia e isolani. Aggrediti i giornalisti, mentre il governo è assente ingiustificato

''Basta! Lasciateci in pace!!! Non ne possiamo più di migranti, politici, giornalisti e associazioni''.
Una voce femminile, che non dice altro, prima di interrompere la conversazione. Con rabbia, tanta. Che pare di vederla anche al telefono. Il numero è quello del ristorante Delfino Blu, di Lampedusa.

Tutto è iniziato qui, oggi, quando secondo le prime ricostruzioni alcuni migranti si sono impossessati di tre bombole di gas all'interno del ristorante minacciando di farle esplodere. Le forze dell'ordine, in assetto anti sommossa, hanno reagito caricando i manifestanti. Gli scontri hanno coinvolto anche alcuni abitanti dell'isola, che hanno dato vita a una fitta sassaiola nei confronti degli immigrati, che hanno risposto lanciando a loro volta pietre e suppellettili.

''Noi non possiamo rilasciare nessuna dichiarazione, deve chiamare il comando di Agrigento'', rispondono i Carabinieri di Lampedusa. ''Il responsabile non c'è, deve richiamare domani mattina'', dicono al municipio dell'isola. ''Abbiamo trasferito tre migranti a Palermo, abbiamo curato tre agenti delle forze dell'ordine. Adesso, però, la situazione è tranquilla'', dicono all'ambulatorio. Voci da Lampedusa.

Che non vogliono parlare. Come da una stanza buia, dove ogni tanto chiudiamo la situazione di Lampedusa, emergono all'improvviso ieri le fiamme del Centro di Identificazione ed Espulsione (Cie) di contrada Imbricola, a Lampedusa. Almeno 1300 persone richiuse senza un domani. Chiedono di andare via, sono quasi tutti tunisini. Nessuno sa cosa fare di loro. Ieri hanno detto basta, son scappati in 800, passando la notte tra lo stadio e il molo Favarolo dell'isola.

Stamani la protesta, prima le bombole di gas, poi una marcia improvvista per le stradine di Lampedusa. Una guerra tra esasperati. I migranti, da una parte, la gente di Lampedusa, dall'altra. Nel mezzo la polizia, che reagisce con brutalità, carica e ferisce. I migranti reagiscono, ma vengono aggrediti anche da alcuni lampedusani, ferite e botte.

Il grande assente è la politica. Il simbolo, per quanto debole, è il sindaco De Rubeis, asserragliato nel municipio. Dicono armato di una mazza da baseball, dopo che ieri sera tre lampedusani hanno tentato di colpirlo. Lui, ieri, aveva soffiato sul fuoco: ''L'incendio del Cie, ormai inutilizzabile, è un atto di guerra. Reagiremo. Mi appello al presidente Napolitano, il governo ci ha abbandonati''.

Quella che va in scena è una farsa che si fa tragedia. Il governo non sa che pesci pigliare, non sa che farne dei rifugiati – perché questo sono – e le tenta tutte. Prima svilisce il loro ruolo, in fuga da un Tunisia che è pacificata solo per i salottini di Montecitorio, poi fa finta di nulla, si volta dall'altra parte. Intanto Lampedusa viene usata come una discarica di umanità, anche per i minori. Ma Lampedusa non è abbastanza lontana per non ricordare a tutti che in Italia siamo alla resa dei conti tra una politica fatta solo di retorica e proclami e una realtà fatta di esseri umani.

Christian Elia

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