Da Genuino Clandestino 2014 – Roma – Riceviamo da Luca

Riceviamo attraverso la nostra Mail delle riflessioni sul Tavolo Bracciantile di Genuino Clandestino

Nella giornata di ieri, la seconda giornata di incontro nazionale della rete Genuino Clandestino, si sono svolti i 7 Tavoli tematici di dibattito che hanno riunito le numerose realtà territoriali e transterritoriali nel confronto intorno alle questioni più urgenti, problematiche e intrise di contraddizioni che vive attualmente il mondo rurale e tutte le situazioni ad esso connesse. Al tavolo di discussione sul lavoro bracciantile ed il caporalato in agricoltura, era esattamente l'urgenza di trovare risposte concrete e subito operative, ciò che si percepiva con forza tra tutti i soggetti e le realtà che hanno partecipato al confronto. Perché sulle indegne condizioni di lavoro bracciantile, la cui posizione di subalternità riguarda oramai in prevalenza gli immigrati extra e neo-comunitari, e sulla connessa e odiosa questione del caporalato, è stato già detto e scritto molto, anche se mai a sufficienza, e sono stati studiati e messi in campo alcuni strumenti di intervento, si pensi alla legge sul caporalato, eppure la questione è ancora lì, aperta e grave più che mai e soprattutto lungi dall'essere risolta. Di qui l'intento, ambizioso, posto all'inizio del dibattito, di avviare una analisi disincantata e attenta sulle possibili alternative al modello di produzione agro-industriale neo-liberista e capitalista, che trova inscritto nel proprio DNA la necessità di sfruttare lavoro e territorio. Un modello che si nutre di forme di controllo e disciplina del lavoro come quella del caporalato e che quindi ne è il responsabile diretto. La proposta non è di poco conto. Spesso, infatti, si incorre nel rischio di rifugiarsi in soluzioni a dir poco romantiche, di un ritorno tout court alla produzione contadina, senza problematizzarne le relazioni di produzioni capitalistiche che la attraversano.
Questo è stato uno dei primi nodi problematici usciti dal tavolo di ieri: provare ad intersecare la 'questione contadina' con le questioni bracciantili, tenendo in lucida considerazione il contesto storico in cui sono inserite. La configurazione internazionale del capitalismo, con la crescente concentrazione di capitale e potere a monte e a valle delle filiere di produzione, lascia poco margine ai piccoli produttori agricoli, non solo a coloro che direttamente vi sono inseriti, ma anche a coloro che vivono ai margini di questa configurazione. E il piccolo produttore, per necessità di sopravvivenza e riproduzione, da 'strozzato' si fa 'strozzino' nei confronti del lavoro subordinato di cui necessita, quando lo sfruttamento non è direttamente rivolto a se stesso. La contraddizione è enorme a questo livello. E le proposte di soluzione messe in campo non potevano non essere coraggiose.
La riappropriazione dei circuiti economici è stato uno dei punti cruciali su cui si è soffermata l'attenzione. Riappropriazione e occupazione le prime parole d'ordine. Di terre incolte e abbandonate, per mettere in campo forme di auto-reddito soprattutto per i nuovi soggetti che per effetto della crisi sono tornati a popolare le campagne, precari, disoccupati, cassaintegrati, immigrati e non. Ma non solo. Riappropriazione e controllo dei circuiti di distribuzione, al fine di scardinare quelli esistenti e ricostruirne di alternativi.
Si è aperto poi il discorso sui dispositivi di legge e sulle tutele sindacali che fino a questo punto hanno segnato il fallimento degli interventi sullo sfruttamento del lavoro e sul caporalato, producendo solo esiti inconsistenti sul piano dell'avanzamento delle condizioni e delle tutele dei braccianti, ma che hanno invece contribuito efficacemente alla auto-riproduzione delle organizzazioni sindacali confederali. Non solo, un rischio sempre presente, probabilmente in ogni battaglia sindacale è quello di facilitare oggettivamente processi di concentrazione di capitale. Tuttavia, da più contributi, si è sottolineata la necessità di darsi una rappresentanza istituzionale riconosciuta, di non abbandonare questi percorsi di lotta, ma ridisegnarli e rafforzarli, per acquisire un maggiore potere contrattuale nei confronti della controparte, che deve essere individuata attraverso una ricostruzione della filiera. La lotta sindacale può essere dunque ancora uno degli strumenti da utilizzare per aprire un fronte che potrebbe avere come motore la lotta bracciantile ma che porta con se la possibilità di parlare ai piccoli produttori agricoli che sono chiaramente dipendenti, strozzati e sfruttati dalla grande industria agricola.
Una battaglia comune, da avviarsi nell'immediato, potrebbe essere quella di riaprire le liste di collocamento, oggigiorno di fatto controllate dagli Stati attraverso i decreti flussi o direttamente dai caporali. Riprendere il controllo del collocamento costringerebbe i datori di lavoro a scegliere un circuito legale di reclutamento della forza lavoro piuttosto che rivolgersi alla pratica illegale del caporalato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.