Nulla cambia a Rosarno. Disastrose le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti immigrati
Disastrose le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti immigrati
Alle diffuse irregolarità in ambito lavorativo si aggiungono allarmanti condizioni di vita. Solo il 6% dei braccianti intervistati, infatti, vive in abitazioni dotate di servizi igienici, acqua ed elettricità mentre uno su tre è costretto a dormire a terra per mancanza di un letto. Una parte consistente di migranti trova rifugio in casolari diroccati nelle campagne dei Comuni di Rizziconi, Taurianova e Rosarno. Si tratta di edifici fatiscenti, strutturalmente insicuri, privi di elettricità (nei casi più fortunati alcuni migranti dispongono di generatori a benzina), di servizi igienici e acqua. Gli ambienti destinati a dormitorio si presentano particolarmente umidi e malsani, sovraffollati all’inverosimile, privi di luce e di adeguata areazione. Un gruppo altrettanto numeroso di braccianti è distribuito tra la tendopoli di San Ferdinando, il campo container di Testa dell’Acqua e alcuni edifici industriali abbandonati. A fronte di 450 posti disponibili sono circa 700 i braccianti ospitati all’interno della tendopoli di San Ferdinando allestita dal Ministero dell’Interno nel 2013 e priva da allora di un ente gestore. Attualmente solo la Caritas è presente quotidianamente all’interno del campo assicurando a titolo volontario alcuni servizi. La tendopoli si presenta oggi in uno stato di preoccupante degrado oltre ad essere gravemente carente di alcuni presidi essenziali come ad esempio i servizi igienici. Dopo lo scioglimento per mafia della giunta comunale nell’ottobre 2014, sono state rimosse le baracche fatiscenti costruite a ridosso della tendopoli senza tuttavia prevedere un piano di accoglienza alternativo per le circa cinquecento persone che non avrebbero più trovato una sistemazione. Ciò ha determinato, da un lato, il sovraffollamento delle tende nel campo ufficiale e, dall’altro, l’occupazione di un edificio abbandonato nella zona industriale – la “fabbrichetta” – sprovvisto di servizi igienici ed elettricità, in cui trovano oggi rifugio più di 250 persone. Per quanto concerne le strutture di accoglienza presenti a Rosarno, la regione Calabria e il Comune hanno predisposto uno stanziamento di circa 19mila euro per il campo container di Testa dell’Acqua che ospita circa 120 lavoratori ed è stato dato in gestione per affidamento diretto all’associazione “Il mio amico Jonathan”. Nulla di nuovo, invece, sull’apertura del “Villaggio della Solidarietà”, costato quasi due milioni di euro e i cui lavori sono bloccati da un’interdittiva antimafia.
La mancanza di un reale piano di accoglienza e l’avvicinarsi della stagione invernale lasciano purtroppo prevedere un ulteriore peggioramento della situazione di cui sono un segno evidente i nuovi insediamenti come la “fabbrichetta”, che ricordano sotto molti aspetti i ghetti anteriori alla rivolta del 2010 dell’ex cartiera Rognetta o dell’ex Opera Sila. Molto critica anche la situazione del servizio sanitario pubblico dal momento che i quattro ambulatori STP per stranieri irregolari gestiti dal 2007 dalla Azienda sanitaria provinciale (ASP) soffrono di un progressivo degrado e di una grave carenza di risorse. In un quadro così desolante, gruppi della società civile cercano di organizzarsi autonomamente per dare delle risposte ai bisogni dei braccianti. Nel piccolo abitato di Drosi (Rizziconi), ad esempio, un gruppo di volontari della Caritas porta avanti dal 2010 un esperimento di accoglienza che permette ogni anno di ospitare oltre cento lavoratori immigrati in abitazioni sfitte tramite il pagamento di un canone minimo.
Nulla cambia dunque a Rosarno, dove di stagione in stagione sembra consolidarsi una vera e propria zona franca di sospensione della dignità e dei diritti per i lavoratori immigrati. In una tale situazione è inaccettabile che, di fronte allo sconcertante vuoto lasciato dalle istituzioni, le uniche risposte vengano dalle pur lodevoli iniziative delle organizzazioni di volontariato. Del resto, se si ritiene che il concetto di comunità nazionale debba avere ancora un senso, il caso Rosarno non può essere considerato solo un problema locale ma una questione che interpella l’intero Paese. Medici per i Diritti Umani si rivolge alla nuova Giunta regionale, al Ministero dell’Interno, all’Ispettorato del Lavoro nonché alle associazioni di categoria e alle sigle sindacali affinché – al pari di quanto già sta avvenendo in altre regioni del Mezzogiorno (vedi report su Basilicata del 27 novembre 2014) – vengano presi provvedimenti immediati per garantire giuste condizioni di vita e di lavoro nella Piana di Gioia Tauro. Un appello è rivolto anche all’ASP di Reggio Calabria affinché venga ridata priorità all’obiettivo di garantire servizi sanitari accessibili, fruibili e di qualità per tutti i migranti che confluiscono nella Piana durante la stagione della raccolta degli agrumi.
Vedi documentazione fotografica ROSARNO DICEMBRE 2014 MARZO 2014 GENNAIO 2013
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