Aspettando che Boreano Venga Sgomberato
Aspettando che Boreano Venga Sgomberato
Boreano 24 giugno 2016
Gervasio Ungolo – omb
Sono le sei di mattina e si aspetta con i braccianti l’arrivo delle forze dell’ordine. Verranno a “bonificare” il sito dove sono stati ricacciati negli anni i lavoratori della terra. L’OMB è qui a dare sostegno alla loro resistenza, al loro diritto al lavoro, alla loro ricerca di dignità che li vuole migranti nel mondo. Li conosciamo ormai da anni e ultra decennale è la loro presenza nella nostra area. Si spostano là dove trovano da lavorare, dove trovano migliori condizioni di vita, la dove sempre più spesso il potere li lascia abbandonati all’indifferenza dopo non prima aver lucrato sul loro stato di richiedenti asilo, di sospetta accoglienza prima dell’esito alla loro richiesta di protezione. Le campagne sono vuote alla nascita di questo nuovo giorno dove al giallo del grano maturo si fa spazio il verde dei campi dei pomodori in crescita. Si notano solo pochi punti colorati in questi ultimi, i braccianti che chini tengono puliti i filari dalle erbe infestanti, chini e rassegnati come lo sono i nostri braccianti. Le notizie di queste ultime ore non sono buone, la task force ha deciso, il comunicato di solidarietà al sindaco Tammurriello è chiaro, nitida è la solidarietà a colui che vuole “bonificare” Boreano per porre fine allo scempio che i lavoratori si portano dietro. La Regione Basilicata ha ancora una volta inscenato la volontà di accogliere questi lavoratori in un capannone, una ex cartiera in disuso da molti anni, l’hanno arredata con brande da campeggio sul quale è poco probabile dormire per più di qualche giorno, ci hanno messo dei fornelli elettrici, all’inizio uno con annessa presa mal funzionante, poi due, oggi mi dicono che sono tre. Oggi parte la navetta che dal centro di accoglienza porterà i braccianti al centro di Venosa. Buchi sul pavimento maldestramente tappati, finestre rotte che non sappiamo ancora se sono state riparate, tetto che lascia infiltrare l’acqua quando piove… Questo ci dicono quei pochi che abitano questo posto. Ancora più interessante il balletto dei numeri degli ospiti… Inizialmente si parlava di 38 ospiti quando le presenze effettive erano solo tre (verificate dallo stesso capo di gabinetto della Presidenza della Giunta), oggi si parla di trenta ospiti ma sappiamo che all’interno il loro numero supera di poco le venti unità. I numeri che in questi anni la regione ha fornito sono numeri edulcorati dalla necessità di dover giustificare le centinaia di migliaia di euro spesi in questa falsa accoglienza. Le cifre non sappiamo se sono esatte per cui chiediamo a chi ne ha prontezza di smentire quelle che noi abbiamo stimate…. Nei due anni di allestimento dei centri di accoglienza si stima che sono stati spesi novecentomila euro per un numero complessivo di posti branda di quattrocento. Facendo dei semplici calcoli vediamo come uno posto branda ci costa duemila duecento cinquanta euro, questo se gli ospiti nei capannoni sono al massimo della loro capienza. In realtà dai nostri dati ci risulta che i capannoni hanno contenuto un numero di cinquanta ospiti in media a centro di accoglienza tra Palazzo San Gervasio e Venosa per l’impossibilità a poterci vivere e a poter trovare lavoro. Ma gli alti costi potrebbero avere un peso relativo se effettivamente si è riusciti nell’intendo di ospitare i braccianti ma le mancanze di questi nuovi ghetti sono così evidenti che ci riportano ai tempi del vecchio centro di accoglienza di contrada piani a Palazzo San Gervasio. L’impossibilità a poter accedere a notizie certe in questi anni può solo faci fare delle congetture che potrebbero essere anche non vere ma che a noi sembrano evidenti. Si va dalla destinazione d’uso del fabbricato alle autorizzazioni sanitarie e quelle sulla sicurezza a poter ospitare un centinaio di persone, poi mancano i servizi adeguati affinchè i lavoratori possono mangiare . Durante la riunione del 12 maggio, a seguito della manifestazione fatta davanti la regione e alla presenza delle autorità e della task force le richieste fatte dai lavoratori e dall’associazioni e quelle sottoscritte per poter andare a vivere nei nuovi capannoni sono state ritenute dagli stessi interlocutori legittime e minime e anche facilmente superabili. Ma queste ad oggi non sembrano essere ancora state assolte… Ai braccianti gli è stato promesso di poter accedere all’iscrizione all’anagrafe e quindi la avere la residenza per poter rinnovare il permesso di soggiorno, anche a seguito della perdita dei documenti durante i tre incendi che hanno caratterizzato le note vicende del ghetto di Boreano. Ad oggi questi lavoratori, ospitati tutti nel centro di accoglienza di Venosa, sembrano essere in agitazione perché hanno capito, che così come dice la Bossi Fini che non hanno diritto all’iscrizione all’anagrafe. Lo stato intimidatorio che vivono gli ospiti del centro di accoglienza di venosa è ormai cosa nota, noi stessi non riusciamo più a sentire i braccianti ospiti del centro perché gli è stato intimato di non parlare con l’esterno….. Di quello che succede nel “capannone non si deve sapere nulla” gli ordini impartiti dalla Croce Rossa sono categorici… E fino ad oggi nulla trapela. Quale è la strategia per cui là dove si ospitano i migranti questi luoghi devono rimanere chiusi e nessuna notizia deve filtrare? Quali gli interessi a mostrare un sistema fallimentare di accoglienza e a non volerlo migliorare visto anche le ingenti somme di denaro che si spendono? Lo abbiamo chiesto a diversi parlamentari e a diversi di loro negli anni abbiamo chiesto di farsi garanti dei processi democratici che riguardano i migranti e come questi vengono accolti… Ma è sorprendente come scarse sono state le risposte, evasivi nell’entrare in merito alla questione. Quando penso a questi luoghi non posso non pensare ai luoghi di concentramento delle ss naziste, pur facendo le dovute differenze e distinguo, e la domanda che mi pongo è: possibile che i cittadini che vivevano vicino questi centri di segregazione degli uomini e delle donne destinati ad una vita atroce, non conoscevano e non sentivano l’odore della carne bruciata, odore che avverte ancora oggi chi va in visita in questi spazi tetri, possibile che non si sapeva che il terzo right preparava macchine infernali dei peggiori genocidi camuffati da “ospizi per lavoratori”. Ecco perchè continueremo a denunciare i fatti e i nomi di chi si prepara ad affossare la democrazia e a mostrare le nostre ragioni fino a quando non avremo risposte e non si ripristino i luoghi di confronto.