Braccianti e accoglienza. Il centro di accoglienza riapre ma i ghetti rimangono pieni.

Gervasio Ungolo 03 sett 2020

Foto Gervasio Ungolo -Arch. OMB- Palazzo San Gervasio Presidio Ex Tabacchificio 27 ago 2020

Palazzo San Gervasio, 27 agosto. Sono giorni che A. mi chiama. Lo fa ogni anno quando passa da Palazzo San Gervasio, da ormai 10 anni. Da me lascia sempre qualcosa prima di andare via. Poche cose che serviranno per l’anno successivo. In realtà è da giorni che ci sentiamo, lui è in Puglia e si appresta a venire nel Vulture Alto Bradano per la nuova raccolta dei pomodori. Ha bisogno di rintracciare il numero telefonico dell’agricoltore

Foto Gervasio Ungolo -Arch. OMB- Palazzo San Gervasio Presidio Ex Tabacchificio 27 ago 2020

 con cui ha lavorato l’anno passato. “Ciao, che fai?… Come stai?… quando vieni passa trovarmi…” Soliti convenevoli di rito ma che annunciano la nuova stagione di raccolta appena cominciata. Pochi giorni fa ancora una telefonata : “io sono a Palazzo… sono davanti al centro di accoglienza. Ma non è ancora aperto.” “ Be sai A. apre sempre in ritardo, non è una novità.”

Infatti non è proprio una novità. Il centro di accoglienza per i lavoratori stagionali di Palazzo San Gervasio apre sempre in ritardo. Eppure anche quest’anno non si sono sprecati i tavoli di lavoro in prefettura e le riunioni in Regione Basilicata. Le sollecitazioni fatte dai Sindaci di Venosa, Lavello e Montemilone, i momenti di crisi anche sanitaria per quelli che abitano tutto l’anno nei ghetti, le richieste fatte dalle associazioni che da anni si occupano di immigrazione, dai migranti sempre in pellegrinaggio tra questura e uffici comunali per regolare le loro posizione, missione sempre più impossibile dopo i decreti Salvini.

Foto Gervasio Ungolo -Arch. OMB- Palazzo San Gervasio Camion con Cassoni di Pomodoro 27 ago 2020

Qualcuno direbbe che ogni anno è uguale a quello precedente. Così non è, almeno negli elementi che animano la discussione pubblica, certo non nei risultati che da queste si ottengono. Quest’anno gli elementi nuovi riguardano la crisi sanitaria, che peggiora la percezione del vivere nei tuguri dell’accoglienza e i 12 milioni di euro stanziati in seguito al lavoro svolto dal Tavolo Nazionale Contro il Caporalato e che sembrano essere giacere da 2 anni preso le casse regionali.

La pandemia a seguito dello sviluppo del Covid 19 probabilmente è stato l’elemento che ha visto alcuni di questi lavoratori rifiutarsi di stazionare nel ghetto aspettando che il centro di accoglienti apra. Ma non è solo questo che ha determinato la reticenza ad abitare nel ghetto, anche l’inutilità di dover spendere alcune centinaia di euro e fatica per costruirsi un riparo e dopo pochi giorni doverlo  abbattere o lasciarlo lì perché intanto si apre finalmente questo luogo ritenuto più salubre.

Foto Gervasio Ungolo -Arch. OMB- Palazzo San Gervasio – Bracciante – 27 ago 2020

Il centro di accoglienza non è altro che un luogo ottenuto da un vecchio opificio nel quale si operavano le prime operazioni di pulitura, scelta ed essiccazione del tabacco. Un capannone antistante che funziona da spazio comune per chi viene accolto, e uno più nuovo dietro, all’interno del quale sono state ottenute piccole stanzette separate tra di loro in cui il lavoratore trova una branda per riposare insieme ad altri.

“… ciao Gervasio… abbiamo chiamato il 112. Non vogliamo andar via da qui. Stanotte dormiamo davanti al cancello….” “Aspetta A. Io sono qui vicino. Passo a trovarti”

Normalmente non sono così determinati nelle loro richieste dei diritti di uomini. Il loro progetto è quello di ogni uomo, di ogni lavoratore, ed è questo che gli ha spinti a venire in Europa. Trovare lavoro, contrattare un buon prezzo del cassone. Sono molto pratici in questo. In tanti anni che conosco A. Molte volte abbiamo parlato di politica, della quotidianità, di quello che ci accusano quando andiamo nel loro Paese e quando loro sono qua. Ma mai siamo andati oltre.

Foto Gervasio Ungolo -Arch. OMB- Palazzo San Gervasio – Mano – 27 ago 2020

Questa volta è diverso. Non c’è verso di fargli cambiare idea. D’altronde se vanno al ghetto, quello sulla strada Mulini Matinelle per loro comunque significa dormire per terra.

Dal cancello alla strada solo pochi metri e in questi pochi metri alcuni di loro si sono già sdraiati stanchi del viaggio. Prendo la macchina , la posiziono in modo che fa scudo ai corpi sdraiati a terra, accendo i dispositivi luminosi per segnalate l’ingombro e provo a lanciare aiuto sui social e tra i conoscenti.

Arrivano intanto una volante dei carabinieri, i quali si limitano ad identificarci e con cui scambiamo impressioni e altro. Vanno via.

Poco lontano da Palazzo San Gervasio, in Puglia, nella campagne di Spinazzola alcuni ragazzi provenienti da varie parti d’Europa danno accoglienza ad altri braccianti. Da diversi anni hanno lanciato un progetto di permacoltura “Casalina”. Un modello agricolo in equilibrio con l’ambiente e le risorse che lo formano. Non solo si è attenti ai flussi energetici e al ciclo degli elementi fisici ma anche ai rapporti tra gli uomini e le donne. Poco lontano solo tuguri e macerie, spazi riservati ai braccianti che non trovano casa. Ai meno fortunati. Oggi alcuni di loro hanno una casa e dei documenti.

Foto Gervasio Ungolo -Arch. OMB- Palazzo San Gervasio-Presidio Ex Tabacchificio – 27 ago 2020

È bastato un messaggio sui social, il tempo di organizzarsi e in forze sono arrivati al presidio. Era ormai notte e i braccianti davanti al cancello dormivano sui cartoni recuperati nei pressi dei bidoni dell’immondizia di Palazzo San Gervasio. Il tempo di sistemarsi. Non è servito raccontare loro quello che stava accadendo. Seguono gli eventi di questa terra da alcuni anni. Solo un saluto frugale.

Si è fatto giorno. Il caldo di questa settimana paradossalmente rende la notte piacevole. Solo un caffè e un cornetto può rendere l’inizio della nuova giornata un buon inizio. E allora si va al bar per  i cornetti. Il caffè era già li’. La provvidenza non aspetta. Bisogna partire organizzati e questo i ragazzi che girano questa Europa delle merci lo sanno.

Le prime telefonate vengono fatte al sindaco di Palazzo San Gervasio. Il Sindaco di Venosa era già stato informato e da lì a poco arriverà con le ballette di acqua e merendine. Viene a trovarci ogni mattina, con acqua e merendine, portando la sua solidarietà, quasi a scusarsi per quanto non è stato fatto nei giorni prima della raccolta. Già giorni in cui ci siamo visti, abbiamo ragionato sull’eventuale d’affare. Sull’impossibilità che hanno i comuni di intervenire in presenza dell’emergenza ma sul tanto che possono fare nell’ordinario. Le residenze alla via fittizia, l’utilizzo dei fondi dei Piani Sociali di Zona, sensibilizzare la comunità ad offrire un alloggio attraverso anche la mediazione delle strutture comunali, è molto altro.

Il sindaco di Palazzo San Gervasio risponde alla telefonata, gli chiediamo di aprire il campo sportivo. Questo è provvisto di bagli, acqua anche calda e docce. E a pochi metri dal centro di accoglienza. Niente:” li vanno i nostri ragazzi ad allenarsi e in tempo di Covid …..” certo. Allora sindaco ci può passare un tubo dell’acqua fuori, uno piccolo almeno per lavarci la faccia la mattina. “ … non credo sia possibile, li passano le nostre donne che passeggiano…. provo a chiedere all’ingegnere.” “Sindaco il tubo lo facciamo passare da dietro, li non vede nessuno ed è distante da dove passano le “nostre” donne”. La risposta dell’ingegnere non arriva. Lo sgomenta diventa rabbia. Ed intanto arriva il pranzo organizzato dal collettivo SBR (Social Building Resilience). Si pensa di organizzare una cucina da campo. Così fin quando non finiscono i lavori del centro di accoglienza e questo apre i braccianti possono mangiare. Viene la sera, e poi la notte. Il presidio cresce. Altri braccianti arrivano dal ghetto Mulini Matinelle, altri sono arrivati da fuori paese. Ancora una volta una processione di uomini e trolley da viaggio.

 Di nuovo le macchine posizionate a far scudo ai corpi. La seconda notte non è poi così tranquilla. Alcuni ragazzotti iniziano il drive in, una macchina passa e all’interno si sento dei fischi. Arrivano i curiosi, la voce si è sparsa in paese. I braccianti hanno capito che non è più possibile dormire sul ciglio della strada. Un signore passa in motorino e distratto dalla presenza dei braccianti fa pochi metri e casca.

Al presidio non viene nessuno. Neanche più le forze dell’ordine. Inizia a balenare l’idea che forse scavalcando il muro e portandosi dentro il recinto del centro di accoglienza invece che stazionando fuori la situazione potrebbe migliorare.

Sono in molti a non credere possibile che questo aiuterebbe a velocizzare i lavori. Si fermerebbero i lavori, i braccianti verrebbero denunciati, si aprirebbe un braccio di ferro con le istituzioni che non andrebbe certo a favore di questi.  E se facciamo una azione dimostrativa. E se entriamo nel cortile in corteo e poi usciamo? Questo agiterebbe un po’ le acque e magari qualcuno un poco più in alto verrebbe informato di questa situazione. E se facciamo un comunicato stampa nel quale annunciamo di voler fare una azione “simbolica” dandone anche l’orario, alle 14,00, in modo che possiamo concordarla con le forze dell’ordine evitando così la denuncia. Portando le nostre ragioni sulla necessità di aprire il centro di accoglienza al tempo del Covid-19.

Parte il comunicato stampa. Non passano 15 minuti che i telefoni iniziano a squillare. Sono attivisti che si dissociano da questa azione ritenuta troppo forte e che avrebbe esposto e braccianti ad eventuali denunce per occupazione, giornalisti che ci chiedono dell’azione simbolica, forze dell’ordine che allertati passano dal presidio, questura e infine ci chiama l’ufficio della prefettura.

Questa scelta da parte dei braccianti così come i ripetuti “grazie” a chi è stato vicino alle istanze dei braccianti e mi riferisco alle istituzioni,  allontana alcuni attivisti.

I braccianti hanno capito che si è aperto un tavolo con le autorità, con chi ha il potere di raccogliere le istanze dei lavoratori, capire la necessità di questi e magari porre dei provvedimenti alternativi fino all’apertura del centro di accoglienza. L’ultima volta che il prefetto aveva ascoltato le ragioni dei braccianti è ai tempi della Scuola di Boreano nel 2012.

 La tensione cala. Brevi messaggi per avvisare gli altri attivisti e i legali, sono le 13 e 28. Il tavolo si apre alle ore 15,00. Bisogna fare in fretta, partire non più tardi della 14,00. Una breve assemblea con i braccianti che scelgono la delegazione. L’ufficio di prefettura si è raccomandato sul numero dei partecipanti, di non essere più di tre. Intanto si discute cosa chiedere al tavolo.

I punti essenziali sono, fino all’apertura del centro di accoglienza, l’acqua per la doccia, un punto elettrico dove poter caricare i cellulari, la possibilità di avere pasti caldi visto l’impossibilità a cucinare, e la conoscenza del protocollo Covid per i braccianti.

Si parte, in realtà siamo in quattro. Arrivati in prefettura, con 15 minuti di ritardo, ci fanno entrare in due perché la stanza in cui si svolge l’incontro non è molto grande. Oltre al vicario erano presenti i rappresentanti dei carabinieri, la questura, altre persone che non si sono qualificate ma che probabilmente erano interne agli uffici della prefettura, la Regione Basilicata e il sindaco di Venosa, quest’ultima richiesta dai braccianti.

La discussione è alquanto cordiale. I braccianti spiegano ai presenti che quel comunicato è stato fatto proprio per avere degli interlocutori visto che il sindaco di Palazzo San Gervasio si limitava a passare in macchina dal presidio senza fermarsi e non accogliendo nessuna delle richieste fatte.

Contrariata invece sembrava essere la funzionaria della regionale che con i “ noi vi diamo…. noi vi abbiamo portato… noi vi concediamo… “ intraprende una relazione tra re e sudditi e non tra istituzioni detentore della materia, che ha l’obbligo di intervenire, e chi subisce da anni politiche sbagliate e pretestuose.

Le richieste fatte sembrano essere state accolte. In serata la protezione civile porta un piatto caldo. Il giorno dopo si organizza una cisterna di acqua e la Caritas apre i suoi locali per  le docce. Non tutti sono soddisfatti per i ritardi.

Ancora tre giorni e la macchina organizzativa velocizza l’apertura del centro di accoglienza. Una tenda gonfiabile della Croce Rossa permette di prelevare tamponi a 130 braccianti. Questi hanno l’autorizzazione ad entrare anche se all’interno non è tutto pronto. Di questi poi 8 risulteranno positivi al contagio.