Immigrati in Basilicata – dai lontani anni 80’ ad un lavoro comune.
… si va via sia che appartieni al popolo italo-lucano sia che sei straniero, la differenza è che vanno via più i lucani per cui avremo una “sostituzione etnica” per sottrazione di basilischi e non per apposizione di stranieri.
Gervasio Ungolo – OMB 1 ottobre 2023
La Basilicata con l’immigrazione ha corsi e ricorsi e in particolare in alcune aree questi sono più visibili. A partire dagli anni ottanta gli immigrati in Italia erano cinquecentomila è già le forze politiche gridavano all’invasione, oggi sono oltre sei milioni e ancora quelle forze politiche gridano all’invasione. In Basilicata all’invasione non si è mai gridato o meglio lo si è fatto sottovoce e non sono passati impuniti molti degli atteggiamenti che vedono l’uso della mano d’opera sfruttata, a nero o irregolare ne tanto meno non si è posto all’attenzione il mercato del “lavoro indecente”.
Mi sarei immaginato che il Presidente Bardi fosse andato in visita a Roma ad incontrare Piantedosi non per chiedergli che ci mandi qualche decina di immigrati in meno ma che il governo ci desse gli strumenti per non far andare via qualche migliaia di lucani.
Ma niente la politica ha il pallino degli arrivi e non delle partenze.
Dai lontani anni 80’ molta acqua è passata sotto i ponti: il Centro di Accoglienza per gli Stagionali a Palazzo San Gervasio; la Commissione regionale all’emigrazione diventata anche all’immigrazione; la prima legge regionale sull’immigrazione la numero 21 del 1996; la nascita dei ghetti quale risposta alla penuria di case a disposizione dei braccianti immigrati; la crisi tunisina del 2011 che diete vita alla “Primavera Araba” di cui il centro per i braccianti stagionali, ormai chiuso dal 2009, di Palazzo San Gervasio ha ospitati 600 giovani tunisini; la nascita dell’attuale CPR; la nascita della Task Force regionale e i suoi strumenti di militarizzazione; la strutturazione del sistema di accoglienza regionale e lo sgombero del Ghetto di Boreano; la formulazione della legge 13 del 2016 mai attuata; lo spostare tutta la materia in tema di immigrazione dalle strutture democratiche e politiche agli scranni della prefettura con l’istituzione del Tavolo Anti Caporalato.
Be sembrerebbe che in questi quaranta anni circa sia cambiato poco e di certo lo è se si guarda la sua manifestazione generale, macroscopica, pochissimo è stato fatto in termini di diritti, democrazia, politiche del lavoro e della casa per i braccianti immigrati, politiche di inserimento e integrazione, garanzia dei diritti, tutela delle persone e “sostituzione etnica” come la chiamano i lollobrigidi vari.
In realtà sulla presenza in aumento dei nuovi cittadini, questi in regione Basilicata sono al disotto delle percentuali nazionali e non abbiamo da temere in quanto la Basilicata è sempre stata un luogo di regolarizzazione e di passaggio: si va via non perché si è autoctoni o stranieri ma perché le condizioni di vita generali e soprattutto quelle del lavoro sono pessime sia per i nativi che per gli allogeni, si va via sia che appartieni al popolo italo-lucano sia che sei straniero, la differenza è che vanno via più i lucani per cui avremo una “sostituzione etnica” per sottrazione di basilischi e non per apposizione di stranieri.
Ritornando a ciò che è stato fatto possiamo dire che è stato fatto molto ma per quanto il terzo settore si affanni ad organizzare reti, per quanto gli interventi, nello specifico del Piano Triennale Contro il Caporalato hanno visto investimenti importanti, si sente la mancanza di un organo democratico che ampli il dibattito e indirizzi le soluzioni.
Per questo si necessita l’immediata apertura di un Forum che riporti nelle agende dei comuni i temi della “via fittizia” per le residenze ai Richiedenti Asilo e a chi ha la protezione internazionale, l’immediata attivazione della Legge 13 del 2016, la nomina del Garante del Detenuto e una verifica della consistenza degli alloggi popolari da parte dell’ATER.