Braccianti e accoglienza: da nord a sud, territori impreparati

Braccianti e accoglienza: da nord a sud, territori impreparati

A cura di AMISnet • 18 aprile 2013

La stagione di raccolta di pomodori e pesche è ancora lontana ma nei luoghi di produzione come il foggiano e il cuneese i braccianti cominciano ad affluire. Dal Piemonte alla Puglia i territori si preparano all’ormai consueto evento, o meglio, non si preparano, perchè le condizioni di accoglienza continuano ad essere critiche.
Al Gran Ghetto di Rignano Garganico, un accampamento abusivo di baracche alle porte di Foggia, centinaia di lavoratori africani passano l’estate in cerca di un impiego come bracciante agricolo nei campi e oggi, nonostante manchino tre mesi all’inizio della stagione di raccolta, già cinquecento persone abitano le baracche dell’insediamento. La presenza di lavoratori al Gran Ghetto ben prima dell’estate è un fatto naturale, si ripete ogni anno, ma cinquecento persone è un numero preoccupante, soprattutto se si pensa che molti sono i nuovi fuoriusciti del Piano Emergenza Nord Africa. A fine febbraio lo Stato aveva stanziato cinquencento euro a persona per fare uscire i migranti dai centri di accoglienza lasciandoli improvvisamente senza alcun sostegno e con difficili probabilità di inserimento, ad un mese da quella decisione parte dei risultati sono visibili nelle campagne della capitanata. La regione garantisce l’acqua potabile, i bagni chimici e il ritiro dell’immondizia per questa e altre baraccopoli vicine, spiega Padre Arcangelo Maira, da anni attivo nell’accoglienza, ma le interruzioni ci sono e di recente è stato sospeso il rifornimento di acqua potabile per più di una settimana. Una situazione insostenibile se pensiamo che tali baraccopoli sorgono in aperta campagna a chilometri di distanza dalla città più vicina. Il costante ritardo istituzionale poi rende impossibile, almeno per quest’anno, sperare in un superamento degli accampamenti abusivi grazie alla creazione di un sistema di centri d’accoglienza ad hoc. A risentirne non saranno solo questi cinquecento, ma gran parte di quei 18.000 stranieri che affolleranno la capitana quest’estate per la stagione agricola.

Anche a nord la situazione non è migliore. Francesca, del Comitato Antirazzista di Saluzzo, dove ogni anno affluiscono braccinati per la raccolta delle pesche,  dice che a differenza di un anno fa “quest’anno gli arrivi sembrano essere un po’ ritardati” anche probabilmente per le pessime condizioni di vita nelle quali i braccianti africani sono stati costretti lo scorso anno: prima ci fu l’abbattimento della vecchia stazione ferroviaria del paese dove in molti avevano trovato sistemazione, poi una serie di alloggi insufficienti e alle volte indecenti. Sono soprattutto i braccianti esperti che in molti hanno vissuto quelle vicende, ci racconta Francesca, a capire che arrivare prima della stagione di raccolta che a Saluzzo inizia a luglio, è inutile. Nonostante siano cinque anni che Saluzzo vede i lavoratori africani rivestire un ruolo primario nella stagione di raccolta delle pesche, le istituzioni locali non sono ancora riuscite a predisporre un piano d’accoglienza lungimirante. Il tavolo aperto dalla Provincia di Cuneo ha visto riunirsi, tra altri, anche Caritas e Coldiretti ma le proposte presentate rispondono ancora una volta a logiche e prospettive emergenziali. Il Comitato Antirazzista Saluzzese, ci dice Francesca, ha proposto di incentrare l’accoglienza su un sistema di affitti a prezzi sociali tanto di abitazioni private sfitte, quanto di strutture pubbliche in disuso. Questo meccanismo permetterebbe secondo il Comitato sia la buona integrazione dei braccianti quanto una loro responsabilizzazione. Una proposta che è stata per ora snobbata dal tavolo istituzionale che ha invece optato per un’accoglienza fondata su una serie di campi container da installarsi su terreni forniti dai cosiddetti “comuni della frutta”.

Da Saluzzo a Rignano, le condizioni dei braccianti in un servizio di M. Stefanelli Hide Player |
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